Dalle opere di Swedenborg

 

Divina Provvidenza #0

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Divina Provvidenza

EMANUEL SWEDENBORG

INDICE

I (§§ 126) ­ La Divina Provvidenza è il governo del Divino amore e della Divina sapienza del Signore

II (§§ 2745) ­ La Divina Provvidenza del Signore ha per fine un cielo formato del genere umano

III (§§ 4669) ­ La Divina Provvidenza del Signore guarda all’infinito e all’eterno in tutto ciò che compie

IV (§ 70) ­ Vi sono leggi della Divina Provvidenza che sono ignote agli uomini

V (§§ 7199) ­ È una legge della Divina Provvidenza che l’uomo agisca liberamente e secondo ragione

VI (§§ 100128) È una legge delle Divina Provvidenza che l’uomo allontani dall’uomo esterno i mali in quanto peccati, come se ne fosse capace con le sue sole forze. Solo così il Signore può allontanare i mali dall’uomo interno, e allo stesso tempo dall’uomo esterno

VII (§§ 129153) È una legge della Divina Provvidenza che l’uomo non sia costretto con mezzi esterni a pensare e volere, e di conseguenza a credere e amare le cose che appartengono alla religione, ma che si guidi da sé, e talvolta vi si costringa

VIII (§§ 154174) ­ È una legge della Divina Provvidenza che l’uomo sia guidato e istruito dal Signore, dal cielo mediante la Parola, la dottrina e le prediche desunte dalla Parola; e che avvenga in apparenza, come da se stesso

IX (§§ 175190) ­ È una legge della Divina Provvidenza che l’uomo non percepisca né senta nulla dell’operazione della Divina Provvidenza, e nondimeno, la conosca e la riconosca

X (§§ 191213) ­ La propria prudenza è nulla ed esiste solo in apparenza, così come deve essere. La Divina Provvidenza invece include tutto, perché si estende fin nei minimi dettagli

XI (§§ 214220) ­ La Divina Provvidenza considera le cose eterne, e non considera le cose temporali se in quanto concordano con le cose eterne

XII (§§ 221233) ­ L'uomo non è introdotto interiormente nelle verità della fede e nei beni della carità se non in quanto può esservi mantenuto fino alla fine della vita

XIII (§§ 234274) ­ Anche le leggi di concessione sono leggi della Divina Provvidenza

XIV (§§ 275284) ­ I mali sono permessi per uno scopo, che è la salvezza

XV (§§ 285307) ­ La Divina Provvidenza è presso i malvagi come presso i buoni

XVI (§§ 308321) ­ La Divina Provvidenza non attribuisce a nessuno alcun male, né alcun bene. È la nostra prudenza che ci attribuisce l’uno e l’altro

XVII (§§ 322330) ­ Ogni uomo si può riformare e non esiste predestinazione

XVIII (§§ 331340) ­ Il Signore non può agire contro le leggi della Divina Provvidenza perché agire contro queste leggi significherebbe agire contro il suo Divino amore e contro la sua Divina sapienza, dunque contro se stesso

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Dalle opere di Swedenborg

 

Divina Provvidenza #321

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321. Queste proposizioni devono essere spiegate nell'ordine proposto.

Primo. Colui che conferma in sé l'apparenza che la sapienza e la prudenza provengano dall'uomo, e quindi gli appartengano, non può fare a meno di credere che, se fosse altrimenti, egli non sarebbe un uomo, ma un animale o una statua; mentre è l’esatto contrario. È una legge della Divina Provvidenza che l'uomo pensi come da se stesso, e che agisca prudentemente come da se stesso; ma che nondimeno, riconosca che ciò proviene dal Signore. Ne consegue che è davvero uomo chi pensa ed agisce prudentemente da se stesso, e nello stesso tempo riconosce che ciò proviene dal Signore; non così colui che conferma in sé che tutto ciò che pensa e che fa proviene da se stesso, e neppure colui che, sapendo che la sapienza e la prudenza vengono da Dio, aspetta sempre l'influsso; poiché quest’ultimo diviene come una statua, e il primo come un animale. È evidente che colui che aspetta l'influsso diviene come una statua. Se ce ne stiamo in piedi o seduti, immobili, con le mani penzoloni, con gli occhi o chiusi o aperti, senza il minimo movimento, senza pensare nè respirare, che vita è mai la nostra?

[2] Che colui che crede che tutto ciò che egli pensa e fa venga da se stesso, sia simile ad una bestia è evidente dal fatto che egli pensa soltanto attraverso la mente naturale che l’uomo ha in comune con le bestie, e non in virtù della mente razionale­spirituale che è la mente autenticamente umana, in quanto riconosce che solo Dio pensa da sé, e che l’uomo pensa in virtù di Dio. Per tale ragione, un uomo di quella indole non riconosce altra differenza tra l’uomo e la bestia, se non che l’uomo parla e la bestia emette suoni. Egli crede che l'uno e l'altro muoiano nello stesso modo.

[3] È necessario dire qualcosa riguardo a coloro che aspettano l'influsso. Essi non ne ricevono nessuno, tranne pochi che lo desiderano di cuore. Questi talvolta ottengono risposta tramite una viva percezione o una voce sottile nel pensiero, ma raramente in modo palese. In ogni caso, ciò che essi ricevono li lascia liberi di pensare e agire come vogliono e come possono. Colui che agisce saggiamente diventa savio, e colui che agisce stupidamente diventa stupido. Essi non vengono mai istruiti intorno a ciò che devono credere ed a ciò che devono fare, affinché non vengano distrutte in loro la razionalità e la libertà che li rendono umani. Vale a dire che ognuno è lasciato libero di agire in virtù della libertà secondo la ragione, come se ciò provenisse da se stesso. Coloro che tramite l'influsso vengono istruiti intorno a ciò che devono credere, o a ciò che devono fare, non vengono istruiti dal Signore, né da alcun angelo del cielo, ma da qualche spirito fanatico, quacchero o moravo, e vengono sedotti. Ogni influsso proveniente dal Signore avviene tramite l'illuminazione dell'intelletto e il desiderio della verità, e segnatamente, attraverso il desiderio della verità pervengono all’illuminazione dell’intelletto.

[4] Secondo. Credere e pensare, come è vero, che ogni bene ed ogni verità vengono dal Signore, ed ogni male ed ogni falsità vengono dall'inferno, sembra impossibile; e nonostante ciò è veramente umano, e quindi angelico. Credere e pensare che ogni bene ed ogni verità vengono da Dio appare possibile, purché non si dica nulla di più. Ciò perché è conforme alla fede teologica, contro la quale non è lecito pensare. Ma credere e pensare che ogni male ed ogni falsità vengono dall'inferno sembra impossibile, perché in questo modo si dovrebbe anche credere che l'uomo non può pensare nulla. Tuttavia l'uomo pensa come da se stesso, sebbene i suoi pensieri vengano dall'inferno, perché il Signore permette ad ognuno che il pensiero, da qualsiasi parte esso provenga, appaia in lui e sembri appartenergli. Altrimenti l'uomo non sarebbe tale, e non potrebbe essere liberato dall'inferno e portato in cielo, cioè essere riformato, come si è ampiamente mostrato più sopra (nn. 96, 114, 174, 210).

[5] Perciò il Signore concede all'uomo di sapere e quindi di pensare che si trova all’inferno, se è nel male, e che i suoi pensieri provengono dall'inferno, se pensa in virtù del male; e gli permette anche di pensare ai mezzi grazie ai quali egli può uscire dall'inferno e di non pensare in virtù di esso, ma di salire in cielo, e là di pensare in virtù del Signore. Inoltre dà all'uomo la libertà di scegliere. Si può quindi comprendere che l'uomo può pensare il male e la falsità come da se stesso, ed anche pensare che questa o quella cosa è un male e una falsità; di conseguenza che il suo pensiero autonomo è solamente un'apparenza, senza la quale egli non sarebbe uomo. È essenzialmente umano, e quindi angelico, pensare in virtù della verità; e la verità è che l'uomo non pensa da se stesso, ma che gli viene concesso dal Signore di pensare apparentemente come da se stesso.

[6] Terzo. Credere e pensare così è impossibile per coloro che non riconoscono il Divino del Signore, né riconoscono che i mali siano peccati; ma è possibile per quelli che riconoscono questi due punti. Se questo è impossibile per coloro che non riconoscono il Divino del Signore, è perché solo il Signore permette all'uomo di pensare e volere; e coloro che non riconoscono il Divino del Signore, non essendo uniti a lui, credono di pensare da se stessi. Se è impossibile anche per coloro che non riconoscono che i mali sono peccati, è perché questi pensano in virtù dell'inferno, dove ognuno crede di pensare da se stesso. Ma ciò è possibile per quelli che riconoscono questi due punti, come si può comprendere dalle cose riferite, con molti dettagli, più sopra (dal n. 288-294).

[7] Quarto. Solamente coloro che riconoscono questi due punti riflettono sui mali che sono in loro; e, nella misura in cui li fuggono ed aborrono come peccati, li rigettano all'inferno, da dove vengono. Chi è che non sappia, o non possa sapere, che il male viene dall'inferno, e che il bene viene dal cielo? E chi non può comprendere quindi che, nella misura in cui l'uomo fugge ed aborre il male, altrettanto fugge ed aborre l'inferno? Chi, di conseguenza, non può comprendere che, nella misura in cui l’uomo fugge ed aborre il male, altrettanto desidera e ama il bene, ed altrettanto, di conseguenza, il Signore lo libera dall'inferno e lo conduce in cielo? Tutte queste cose possono essere comprese dall'uomo razionale, purché sappia che esistono il cielo e l'inferno, e conosca l’origine del male e quella del bene. Se dunque l'uomo riflette sui mali che sono in lui (il che significa esaminare se stesso) e li rifugge, si libera dall'inferno e lo getta dietro di sé, fa il suo ingresso in cielo e vi contempla il Signore faccia a faccia. Si è detto che è l'uomo a farlo, ma egli lo compie in apparente autonomia, dunque in virtù del Signore. Quando l'uomo riconosce questa verità con cuore umile e con una fede devota, allora tale verità è interiormente nascosta in tutto ciò che poi egli pensa e fa come da se stesso, come in un seme è insita la fertilità che lo accompagna interiormente fino al un nuovo seme, e come il piacere che si prova nell'appetire un cibo che sappiamo essere salutare. In una parola, è come il cuore e l'anima di tutto ciò che egli pensa e fa.

[8] Quinto. Ciò significa che la Divina Provvidenza non attribuisce il male né il bene a nessuno, ma è la propria prudenza a farlo. Questa è la conseguenza di tutto ciò che si è detto. Il fine della Divina Provvidenza è il bene; essa tende dunque al bene in ogni sua operazione. Perciò essa non attribuisce il bene a nessuno, poiché in tal modo il bene diverrebbe meritorio. Essa non attribuisce il male a nessuno, poiché ciò significherebbe rendere l'uomo colpevole del male. Tuttavia l' uomo attribuisce a se stesso l'uno e l'altro in virtù del suo proprium, perché il proprium non è altro che male. Il proprium della sua volontà è l'amore di sé, e il proprium del suo intelletto è l’orgoglio della propria intelligenza; questa è l’origine della propria prudenza.

  
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